Nemesi

Concept d’allestimento per Castello Tramontano
a cura di Mattia Panzera – Giorgia Sirimarco

Tre totem, tre visioni, un’unica domanda: chi siamo davvero?
L’esposizione “Nemesi” nasce per stimolare una riflessione profonda sull’identità e sull’immagine che abbiamo o crediamo di avere di noi stessi.

Attraverso tre opere emblematiche tratte dalla collezione Casa di tela del maestro Esteban Villalta Marzi, il percorso espositivo intreccia arte, specchi e simboli per generare un confronto diretto e insieme riflessivo. Nemesi non offre risposte, ma invita a guardarsi e riguardarsi in uno spazio dove l’arte diventa specchio dell’anima.

Il progetto invita il visitatore a intraprendere un percorso introspettivo attraverso le tre  opere iconiche di Esteban Villalta Marzi: Marilyn, Joker e David. Unità dal tema della bellezza standardizzata, queste figure vengono rilette con un approccio critico che solleva interrogativi  sulla percezione estetica contemporanea e sui modelli ideali.
Un elemento chiave dell’installazione è lo specchio, utilizzato come dispositivo concettuale. Attraverso riflessi, deformazioni e fratture, lo specchio rivela e distorce, mettendo in discussione la bellezza come convenzione. La riflessione diventa simbolica, invitando lo spettatore a rivedere sé stesso e la propria concezione di “bellezza”. Le opere sono disposte su una piattaforma circolare, simile a un rituale di confronto. Ogni opera è su un totem a tre facce: la prima ospita l’opera visiva, la seconda uno specchio (integro, deformato o infranto), e la terza una sintesi del progetto di riqualificazione del Castello Tramontano, amplificando il valore simbolico dell’esposizione.

Nate in un contesto personale durante la pandemia, le opere offrono una lettura più ampia. La pandemia ha sospeso il nostro rapporto con il corpo e l’immagine, dando spazio alla riflessione sul significato della bellezza. I riflessi tra le opere creano un cortocircuito visivo e concettuale, suggerendo una frattura nella percezione ideale. Il percorso dell’osservatore può seguire due direzioni: una iconica e diretta, l’altra riflessiva e astratta, invitando a interrogarsi sulla bellezza tra memoria, idealizzazione e frammentazione.